I tre pilastri della previdenza complementare
Il sistema previdenziale italiano, in seguito alle molteplici riforme succedutesi nel corso degli anni, si fonda ad oggi su tre fondamentali pilastri: previdenza pubblica, previdenza complementare collettiva e previdenza complementare individuale.
Essendosi indebolito il primo pilastro (gap previdenziale) è urgente integrarlo attraverso il secondo e il terzo. E prima lo si fa meglio è!
Vediamo nello specifico i tre pilastri:
- Il primo pilastro è costituito dalla previdenza pubblica obbligatoria, finanziata dai lavoratori e dai datori di lavoro durante tutto il corso della vita lavorativa. Occorre immediatamente sottolineare il fatto che, con il passaggio dalle pensioni calcolate con il metodo retributivo a quelle calcolate con il metodo contributivo, la previdenza di primo pilastro non sarà più sufficiente per garantire il mantenimento del tenore di vita.
- Il secondo pilastro si realizza attraverso i fondi pensione di categoria ai quali i lavoratori aderiscono in forma collettiva destinando il proprio TFR. I fondi pensione sono gestiti secondo il sistema della capitalizzazione (i contributi raccolti sono investiti al fine di generare un montante da convertire in rendita al momento del pensionamento, attraverso una gestione che non passa più attraverso lo Stato ma tramite gestori appositamente selezionati dai fondi).
- Il terzo pilastro è rappresentato dalla previdenza integrativa individuale, che ciascuno può realizzare, discrezionalmente, mediante forme di risparmio individuali, con la finalità di integrare sia la previdenza pubblica sia quella realizzata in forma collettiva, per mantenere così invariato il proprio tenore di vita una volta cessata l'attività lavorativa.
Le forme pensionistiche individuali si attuano mediante:
- l’adesione a fondi aperti;
- l’adesione a PIP o FIP vale a dire piani individuali di previdenza costituiti mediante polizza e contratti di assicurazione sulla vita.
Chi è interessato e chi può aderire alla previdenza complementare
Tutti possono aderire volontariamente a una forma pensionistica complementare (collettiva o individuale) per costruirsi una rendita pensionistica.
La previdenza complementare, infatti, interessa i dipendenti pubblici e privati, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i soci di cooperative, i cittadini titolari di redditi diversi da quelli da lavoro e i familiari a carico dei lavoratori.
Possono aderire alle forme pensionistiche complementari:
- lavoratori dipendenti privati e pubblici
- lavoratori autonomi o liberi professionisti
- lavoratori con contratti atipici (ad esempio lavoratori a progetto od occasionali, soci lavoratori di cooperative, ecc.)
- soggetti fiscalmente a carico
- tutti coloro che non svolgono un’attività lavorativa
Per i dipendenti del settore privato opera il meccanismo del conferimento tacito del TFR (cosiddetto “silenzio assenso”), che determina l’adesione al Fondo pensione in caso di silenzio del lavoratore circa la destinazione del proprio TFR (in azienda ovvero a previdenza complementare collettiva) passati sei mesi dall’assunzione.
In caso di adesione “tacita” il TFR viene versato dal datore di lavoro al fondo negoziale di riferimento, ovvero ad altro fondo individuato dalla contrattazione collettiva.
Se manca il fondo di riferimento e la contrattazione collettiva non prevede nulla sulla destinazione del TFR, questo viene versato alla particolare forma pensionistica complementare residuale costituita presso l’Inps, e denominata Fondinps, che raccoglie il TFR dei lavoratori “silenti” senza fondo negoziale.